Correre su strada, spiaggia e deserto!

 

 

 

 

Giovedì, Marzo 28, 2024

2000 - Marathon de sables

Da domenica 4 a sabato 10 aprile 1999 sarà possibile seguire in tempo reale - dalla "viva voce" di Piergiorgio Scaramelli - lo svolgimento dell'edizione 1999 della "Marathon des Sables", la affascinante gara a tappe in completa autosufficienza che si tiene ogni anno in Africa.

Questa pagina elettronica viene aggiornata ogni mattina, con un sunto giornaliero che coprirà ciascuna delle sei tappe di questa ultramaratona nel deserto del Marocco. Questo servizio viene offerto gratuitamente dalla rivista nazionale "ePodismo" in collaborazione con la Polisportiva Castagnara di Massa, società alla quale Piergiorgio Scaramelli appartiene.

Al termine dell'edizione 1999 della "Marathon des Sables", questa pagina elettronica verrà lasciata in memoria come archivio storico e "diario di bordo" ad uso e consumo di chi prima o poi si lascerà tentare da questa incredibile esperienza di corsa.

 

Sabato 3 aprile 1999 - Prologo

Faccio parte della squadra toscana del Team Meco, composto dal sottoscritto Piergiorgio Scaramelli, Francesco Manfredi, Renato Piscioneri, Alberto Ciabattini, Amerigo Puntelli, Marco Forzoni, Giampaolo Vezzoni. Ci siamo anche dati nomi in codice, rispettivamente Selvaggio, Orso, Coccodrillo, Lupo, Faina, Aquila, Mandrillo. Siamo arrivati ieri sera, un po' stanchi del viaggio. Abbiamo occupato le nostre tende, un "buona notte ragazzi" e tutti nel sacco a pelo. Durante la notte mi sono alzato per il "classico" bisogno ed ho visto Renato ed Alberto con due occhi spalancati da far invidia ai gufi: "Che c'è?" "Niente!". Un "niente" che vuol dire tanto! Un po' di tensione. Oggi il campo è pervaso da una strana ma colorata animazione, fra i partecipanti c'è euforia, mista a paura per l'avventura dell'indomani. I nuovi ragazzi curano il proprio zaino, chiedono consigli e noi "anziani" rispondiamo, ostentando una calma che non abbiamo (non c'è paura, ma tensione si), siamo consapevoli più di loro di cosa ci aspetterà domani sotto il sole cocente del Sahara. Una lunga corsa di trentaquattro chilometri fatta di sudore, dolori, ma ripagata da uno spettacolo unico, in un paesaggio che sa di antico. Che il deserto sia con noi!

Domenica 4 aprile 1999 - Prima tappa

La prima tappa di trenta chilometri della quattordicesima edizione della "Marathon des Sables" è stata all'insegna del caldo (quaranta gradi) e della sabbia. Credo che questa, come prima tappa, sia la più dura di tutte le edizioni svolte, e questo è il preludio di cosa ci aspetterà nei prossimi giorni. L'atmosfera sotto le tende non è più briosa come la sera precedente: c'è contentezza per aver concluso la prova, al tempo stesso molta stanchezza, alcuni collassi tra cui il sottoscritto, e preoccupazione. Renato il Coccodrillo è sullo stesso mio piano, Giampaolo il Mandrillo cammina a gambe larghe per problemi di... sfregamento, Amerigo la Faina accusa problemi alle spalle, Marco l'Aquila ha problemi alla vista e pensiamo di cambiargli il soprannome, Alberto il Lupo, Luigi la Volpe e Francesco l'Orso sono gli unici in piedi e tengono alto il nome del gruppo. La classifica al momento non è ancora uscita anche se questo non rientra nella filosofia del gruppo e della maggior parte dei concorrenti, i quali ricercano altri insegnamenti e sensazioni da questa esperienza, soprattutto per quel che riguarda l'ambiente naturale ed i rapporti umani. Speriamo di recuperare le forze per domani. Che il deserto sia con noi!

Lunedì 5 aprile 1999 - Seconda tappa

Questa è la voce un po' fioca dal deserto marocchino. La penna già trova difficoltà a scorrere. Il deserto si è tinto di azzurro per la testa della corsa. Per me - anzi per noi, perché preferisco parlare dei miei compagni, i quali non saranno campioni dai primi della classifica, ma campioni di umanità - si è tinto di vesciche. Ieri abbiamo aiutato tre concorrenti in difficoltà, oggi hanno aiutato me che ieri ero collassato, mi hanno circondato e mi hanno condotto all'arrivo. La solidarietà nel deserto è qualcosa che nella civiltà di oggi è solo una vana parola. I ragazzi sono allegri. Luigi la Volpe dice: "Ho scoperto che il deserto è molto più sabbioso della spiaggia di Mondello" - (è siciliano) - "e le stelle toccano la sabbia ma parlo per me stesso che di cognome faccio Stella". Marco l'Aquila: "Sono venuto nel deserto per trovare qualcosa e correndo questi due giorni ho già avuto delle risposte". Francesco l'Orso: "Il deserto va considerato un amico e non un nemico ed attraversarlo di corsa è una dimostrazione di ciò". È ora di cena, c'è l'odore di fumo e si vedono le fiamme uscire dai buchi scavati nella terra, anche questo è deserto. Fuoco, caldo, stelle, odori di fumo, di sudore, sabbia, parole, silenzio, e questo nell'immensità del deserto, dove anche essendo tanti siamo soli. Soli con i propri pensieri, solo per riflettere, e guardarti dentro sperando di vedere il bello che cè dentro il nostro io. Mi faccio la cena e poi spero di dormire. Che il deserto sia con noi!

Martedì 6 aprile 1999 - Terza tappa

Mi devo scusare per non aver rispettato l'appuntamento, ma sono arrivato tardi al bivacco. Infatti, per problemi vari sono giunto al traguardo alle 17, dopo aver impiegato ben otto ore e mezza per percorrere trentasette chilometri, ma è stata comunque una splendida esperienza. Eravamo io, Giampaolo, Amerigo e Beatrice detta "Bea" o "Penelope"; abbiamo avuto modo di scambiare opinioni, tra una battuta e l'altra, tra una duna ed una pietraia, apprezzando il paesaggio, fatto di ampie valli di sabbia, racchiuse da imponenti jebel, o laghi asciutti con cristalli bianchi che formavano strani disegni e circondati da piccole dune ocra a destra e montagne tinte di rosa a sinistra. Il caldo è insopportabile e quindi battute - se volete banali - sulla necessità di una birra ghiacciata sono ricorrenti, ma c'è anche la consapevolezza che noi abbiamo nei nostri zaini l'acqua, elemento che è fondamentale per la vita e che qui è una vera ricchezza. Più della birra. Incontriamo tre piccoli pastori con le loro capre magrissime, che con un pentolino non chiedono elemosina ma acqua; sono spersi in un jebel infuocato di color nero che testimonia la sua origine vulcanica. Più avanti troviamo delle ragazzine che offrono stoffe ricamate coloratissime. Hanno il volto semiscoperto che nasconde curiosità per alcuni accessori che abbimo nei nostri zaini. Barattiamo cioccolate e biscotti con il loro artigianato, vogliamo parlare, ma alla vista della macchina fotografica scompaiono. Una cosa è curiosa: sono apparse all'improvviso dal nulla e così sono scomparse in quattro e quattro otto. La maratona in sé ti permette di apprezzare anche queste cose e non è poco. Gli amici ci aspettavano al campo un po' preoccupati, ma poi intorno al fuoco, una battuta e tutto è tornato tranquillo. Il deserto aiuta anche in questo: ti insegna ad essere calmo, a ragionare, una soluzione la si trova sempre. Che il deserto sia con noi!

Mercoledì 7 aprile 1999 - Quarta tappa

Tappona lunghissima di settantaquattro chilometri, molto duri anzi durissimi. Il deserto continua a vivere e mietere ritirati, ma permette anche delle riflessioni. Secondo me invita ad aprire il proprio animo agli altri, a farsi partecipi dei propri pensieri e cercare delle conferme. Ho camminato praticamente per quindici ore con Maurizio, un geometra trevigiano, parlando di tante cose e ci siamo vicendevolmente aperti. Capita di raccontare la tua vita in due ore. Non sono i fatti in sé ma le sensazioni, gli stati d'animo e questo è qualcosa di bellissimo. Non parlo più del cielo stellato perché vi farei due palle così, è comunque bellissimo. Che il deserto sia con noi!

Giovedì 8 aprile 1999 - Giorno di riposo

Il giorno di riposo al campo trascorre monotono, sono tutti sotto le proprie tende (fuori ci sono quarantatre gradi): chi dorme, chi mangia, chi sdraiato guarda il cielo o i teli della tenda. Guarda un punto ma la sua mente sicuramente viaggia molto lontano. C'è chi si cura le vesciche ai piedi e sulla schiena. Alcuni camminano per il campo con passo malfermo, chi si appoggia al bastone. La vita è comunque strana: sono partito con una sospetta lesione al menisco anteriore mediale e questo fino ad ora non mi ha dato fastidio, in compenso ho tutte e due i piedi incerottati di brutto, e domani ci sono da affrontare quarantadue chilometri di cui quattordici di dune (dune di Merenga) splendide e pericolosissime. Speriamo bene. Penso di raccogliere qualche impressione dei ragazzi, ma lo farò più tardi. Ora mi sdraio a dormicchiare perché è molto caldo e sono un po' debole. Per concludere la tappa di settantaquattro chilometri ho impiegato quindici ore, dando fondo a tutte le energie che avevo. Sono contento. L'unico neo è l'abbandono di Marco (l'Aquila) per seri problemi ai piedi ed agli occhi. È un ragazzo eccezionale e si sta riprendendo anche dal punto di vista psichico. Ha tentato, ha dato tutto, è grande come se l'avesse finita. Che il deserto sia con noi!

Venerdì 9 aprile 1999 - Quinta tappa

È terminata la tappa di quarantadue chilometri che è stata durissima, ma affascinante nel primo tratto con le dune (Erg Chebbi). Colgo l'occasione, ora che l'arrivo, il traguardo è vicino (solo nove chilometri e mezzo la tappa di domani), di salutare colei che mi ha aiutato da lontano a superare tutte le vicissitudini capitate quest'anno, e cioè Giordana. Un nome che ho pronunciato nei momenti più duri, quando avevo i piedi piagati e quando ho pensato di ritirarmi dopo il collasso. Ora sto bene e la gara di oggi lo ha dimostrato. Escluse le dune, dove abbiamo camminato sia per la durezza che per riempirci gli occhi di tanta bellezza, l'abbiamo corsa tutta. La natura è un qualcosa di bellissimo da tutelare, dobbiamo convivere con lei, e non cercare di sottometterla anche perché vincerà giustamente sempre lei. Ero con l'amico Amerigo (Faina) ed abbiamo deciso di correrla, cosa che purtroppo non è stato possibile fare nei primi giorni, perché le sensazioni che provi in questo ambiente sono intensissime. Veramente abbiamo corso anche per alcuni amici... ogni tanto dobbiamo dimostrare anche cose che non sempre rientrano nel nostro modo di vedere. Lungo la pista sembravamo il vento: le vecchie volpi vengono fuori alla distanza. Questa volta il "Selvaggio" e la "Faina" sono arrivati primi alla agognata tenda. L'ombra è qualcosa che si desidera in un modo tremendo... insieme alla birra ghiacciata!!! Questa credo che sarà la mia ultima "Marathon de Sables", vado alla ricerca di altro, di altre esperienze, forse di un cambio di vita, con la mia compagna, una scelta forse più estrema della maratona delle sabbie, ma altrettanto stimolante... chissà, forse in una isola desertica... chissà! Il primo amore non si scorda mai. Avevo promesso le dichiarazioni dei ragazzi a quarantadue conclusa:

Francesco (Orso) - "È finita questa tappa, è finita la paura di non farcela a finire la mia ultima maratona delle sabbie". Perché l'ultima? "Ho capito che ormai manca la determinazione degli ultimi anni nei quali con lo stesso allenamento correvo più facilmente, con più divertimento, cosa che quest'anno è venuta a mancare; nonostante tutto è stata come al solito una bellissima esperienza"

Amerigo (Faina) - "Una gara durissima, massacrante, al di là delle aspettative: ho raggiunto con questa gli obiettivi prefissi che erano di concludere ed al tempo stesso di trovare e consolidare i rapporti umani che solo nel momento di bisogno, nell'estremo puoi trovare"

Giampaolo (Mandrillo) - "Come al solito ho sofferto moltissimo ma grazie all'aiuto degli amici ed alla mia grande forza di volontà sono riuscito a terminare questa gara che è veramente massacrante, basta vedere i miei piedi"

Amici, c'è euforia al campo. Domani, con nove chilometri e mezzo si arriva all'abitato di Erfond, caratteristico centro ad est di Ouarzazate. Sarà una passerella per gli atleti, e poi sul bus per Ouarzazate che in questo momento vuol dire hotel, doccia, sapone, pulizia. Sette giorni nel deserto correndo, sudando, dormendo sotto le tende berbere aperte su due lati, con il vento, la sabbia eccetera: il tuo corpo si copre di uno strato di sporco color gialle che ci vuole minimo tre ore di doccia per togliere. L'odore che emaniamo all'arrivo è tremendo... praticamente puzziamo, ma solo perché non seguiamo le usanze delle genti che abitano i deserti. Noi per sette giorni tentiamo di lavarci con l'acqua, invece di metterci sotto la sabbia e starci per alcune ore, come gli aborigeni australiani ed alcuni popoli di altri deserti (così facendo l'odore rimane nella sabbia), oppure consideriamo le mosche noiose, fastidiose, mentre sempre gli aborigeni si fanno invece coprire dalle mosche che con le loro zampette puliscono tutti i buchi, comprese le orecchie, dai granelli di sabbia. Ci sono altre cose che possiamo imparare da questa gente del deserto, forse non i loro mestieri fatti di antico, non la loro filosofia, ma almeno qualcosa che ci faccia ricordare di essere nati liberi nella natura e che è ad essa a cui dobbiamo rivolgerci per risolvere i nostri problemi. Il deserto è anche questo, non solo la classifica finale della "Marathon des Sables", in questi giorni mai controllata. Che il deserto sia con noi!

La nostra tenda del Team Meco, la numero tre, con i nomi che ci siamo dati sembra uno zoo, con un caos unico in cui qualcuno cerca di far ordine ma senza riuscirci. Oltre a queste poche righe che seguono ispirate dalle dune - "Nel silenzio che urla, il vento sussurra fra le dune infuocate del deserto... è il sospiro... è l'urlo dell'uomo libero!" - voglio raccontarvi alcune piccole curiosità verificatesi in questa esperienza:

Aeroporto di Parigi: per ingannare la noia, e riempire lo stomaco, noi del Team Meco e Luigi Stella decidiamo di andare al ristorante. Si mangia e si annaffia con vino Bordeaux. In pratica ci siamo dimenticati che partiva l'aereo per il Marocco... quando si dice che il vino fa dimenticare!

Aeroporto di Parigi: l'atleta di Enna, Salvatore, arriva distrutto moralmente perché il suo bagaglio era andato smarrito nel tratto Enna/Parigi. Piangeva. Poi il miracolo all'arrivo a Ouarzazate in Marocco: la prima borsa a scendere dall'aereo è la sua.

Alberto, il "Lupo", nella tenda numero tre di sera aveva promesso a Piergiorgio il "Selvaggio" una sorpresa per l'indomani in gara. Il primo giorno di gara sulle dune, sotto il sole cocente, il "Lupo" parte ed agisce, e con una determinazione eccezionale dà una palpata al culo del concorrente che lo precede scambiandolo per il "Selvaggio"... è invece il deretano di un inglese noto pugile di pesi medi. Le conseguenze le potete immaginare!

Ciao, scusate se magari ho scritto in modo errato o sconclusionato, ma l'ho fatto di getto, senza brutta né bella, e con la fatica di chi corre dalla mattina alla sera sotto quaranta/cinquanta gradi. La testa era partita anche prima di decidere di partecipare, figurarsi ora. Che il deserto continui ad essere con noi anche nei prossimi anni!

Sabato 10 aprile 1999 - Sesta ed ultima tappa

Questo giorno che vede confermati i ptimi posti della classifica generale con il 2°, 3° e 5° posto degli uomini italiani ed il 2° femminile, vede anche e firei finalmente all'attacco noi uomini del Team Meco. Perché all'attacco? Mah, niente di particolare... ieri sera abbiamo guardato - più per curiosità che altro - il tabellone con le classifiche: noi siamo ...esimi ma "esimi esimi" ed allora ci siamo detti "Vogliamo anche noi essere dei campioni, dei protagonisti, uomini di classifica, almeno per un giorno: tentiamo di recuperare delle posizioni". Ci fanno notare alcuni buontemponi che risalire dal 456° posto ai primi 10 è impossibile. Pessimista! Noi ci proviamo! Con un gioco di squadra mai visto (avevamo studiato per mesi con le videocassette gli avversari, come la nazionale di calcio italiana fece l'anno scorso con la Francia) mandiamo all'attacco il Mandrillo (Giampaolo), per l'occasione con la bandana rossa. Al via parte come un forsennato, le telecamere lo inquadrano in tutta la sua altezza (1,92) ed oltre. È primo, davanti al marocchino, ad Olmo e Fabrizio. Noi speriamo "Sta' a vedere che stavolta si vince!" ma dura poco, dopo cento metri crolla al suolo spompato. A questo punto parte Faina (Amerigo) ma subentra una crisi energetica (neanche al tempo della guerra del Golfo si erano viste cose simili) e si blocca dopo duecento metri; è la volta della coppia di prima linea, Coccodrillo (Renato) e Lupo (Alberto), in tandem aumentano vorticosamente l'andatura, creano un vortice... girano, girano su se stessi, non vanno mai avanti e fanno al massimo dieci metri. Il Selvaggio (Piergiorgio) si invola dietro all'Orso (Francesco) ma reggono entrambi poco, vanno meno delle proprie ombre, crollano sfiniti dopo centocinquanta metri. Il Team Meco a questo punto abbandona ogni velleità di conquistare i primi posti in classifica! Ma che mezzo chilometro ragazzi! Cinquecento metri da favola! Fantastici! Alcuni atleti ci hanno chiesto perfino se gli preparavamo le tabelle di "allenamento specifico per i cinquecento metri" svelando loro il segreto di una corsa così "scientificamente sincronizzata di tutta la squadra". Forse ci prendevano per i fondelli ma comunque per paura che ci fregassero il brevetto, abbiamo adottato il "silenzio stampa" allontanando tutti i giornalisti e cameraman dalla nostra "ritirata". Al traguardo siamo giunti un po' soffrendo (per il vento contrario provocato dalla velocità degli avversari nei sorpassi), con il fiato corto e con i riflessi appannati dal sole, a coppie: il Selvaggio con l'Orso con lo striscione tre metri per quattro del Team Meco, il Coccodrillo ed il Lupo con la bandiera italiana arrotolata, la Faina ed il Mandrillo con la bandiera tricolore srotolata. Il traguardo è stato tagliato sotto gli applausi scroscianti dell'Aquila (Marco) che non riconoscendo i concorrenti ha continuato a battere le mani per altre due ore, così oltre ai piedi rovinati si è ritrovato pure con le mani spellate. Nonostante ciò ci ha incitato con le sue grida e soprattutto con le sue "risate micidiali" per tutti gli ultimi venti metri, distanza massima a portata degli occhi dell'Aquila nel deserto. Un gran bravo rapace reale questo Marco! Grande Marco! Grande anche la Volpe (Luigi) la vera "stella" del gruppo che ha scortato con grande galanteria, insieme a Salvatore, la Rosanna fino al traguardo. La Faina (Amerigo) subito dopo aver tagliato il traguardo, muovendo appena la bocca, con lo sguardo allucinato e con un filo di voce sussurra: "Ora mi sento di ringraziare l'amico Paolo Zatteri che mi è stato di stimolo e da sprone durante la faticosa preparazione svolta per questa ultramaratona". Il tono anche se debole, è sincero... ma non so se il riferimento era per l'ultimo sprint di oggi al fulmicotone (centocinquanta metri!) o per l'andamento super... lento tenuta per l'intera gara! Dai, non te la prendere... stavo scherzando (Amerigo è qui in questo momento che mi pressa). Grande Faina! Il Lupo con il nodo in gola per l'emozione e l'ottimo posto in classifica generale esclama: "Ragazzi c'è da fare! Ora c'è da fare!". Per chi non fosse a conoscenza, questa è una frase che il Lupo di Prato ha ripetuto fino all'ossessione nella tenda numero tre e fuori. Grande Lupo! Il Coccodrillo invece, ridendo e pensando forse alla "Berlina", gridava a squarciagola: "È finita, è finita! Non so se mi spiego". Non sappiamo ora se si riferiva all'effetto Ph ai piedi o... alla carta igienica consumata in quantità industriale in questi giorni! Grande Coccodrillo! Il Madrillo, arrivato al traguardo un po' appannato, affaticato e un po' barcollante, da quel grande condottiero che è, sventolando la bandiera gialla dell'amore (portata per sette giorni sullo zaino) gridava ai quattro venti: "Il successo è il sesso" pensando forse fra sé e sé che il successo avrà da venire magari un po' più in là, viste le attuali condizioni fisiche un po' tanto mosce! Grande Mandrillone! È stato un bel giorno, un giorno in cui tutti noi del gruppo ci siamo abbracciati ed un po' commossi, con qualche luccicone, ci siamo battuti le mani più volte. Siamo tutti bravi! Siamo tutti campioni senza distinzioni di sorta! Le lacrime tante volte esprimono anche gioia, gioia di vivere, gioia di esserci, la gioia dopo la paura, la gioia dopo la sofferenza. Ci sono dei momenti come oggi, sotto un sole cocente (45 °C), ma tutti insieme in una grande festa, in cui ti senti forte, in grado di aiutare gli altri in difficoltà, di spaccare il mondo, le nostre sono quindi lacrime d'amore per tutti quegli uomini che soffrono e non hanno più lacrime da usare o per quelli che semplicemente non riescono... ora che abbiamo contribuito a rendere leggermente più umido il deserto, saliamo sul bus alla volta dell'hotel, ossia alla fine della sporcizia. Ragazzi, sotto con il sapone che stasera si vive alla grande: tutti al night! Che il deserto sia con noi, anche in discoteca, non si sa mai!

Domenica 11 aprile 1999 - Hotel Beler - Ouarzazate

Giornata di riposo dopo i bagordi notturni. La fine della gara è stata festeggiata come veri atleti: birra, vino, gin tonic, gin lemon e chi più ne ha più ne metta. In discoteca il finimondo: inizia tutto intorno all'una e termina all'incirca alle una e mezza. Infatti, nonostante la musica assordante tutti i presenti ronfano alla grande, non si era mai vista gente così "sveglia". La mattina trascorre lentamente con la visita alla porta vecchia di Ouarzazate. Purtroppo la casbah è chiusa ai turisti perché guarda caso stanno girando un film di guerra (ora non bastano più quelle vere) con gli americani, i marinesi nelle vesti di salvatori dei popoli. Mah! Mi mancano veramente le parole. Comunque per non distrarre i "nostri eroi" cambiamo percorso e visitiamo i negozi di tappeti, di bracciali ed altri oggetti berberi o tuareg. I commercianti ti invitano a prendere il tè e seduti trattiamo da buoni uomini d'affari la merce ed il prezzo in moneta locale - il dirham - o in franchi francesi, dollari, lire e barattiamo quello che abbiamo - magliette, occhiali, scarpe, zaini, orologi - il tutto con molta naturalezza, rispettando i tempi lenti che sono propri di questi posti, di questi luoghi, il culto della trattazione. Questi popoli commerciano da sempre, erano dei carovanieri eccezionali, per la conoscenza che avevano del deserto, e lo sono tuttora. È facile correre per il deserto, attraversarlo, e vedere lunghe carovane di dromedari. Erano popoli guerrieri, i fieri Tuareg, pastori, carovanieri, sempre comunque all'insegna del nomadismo. C'erano una volta commerci basati sullo scambio semplice del prodotto, senza soldi. Parlando con un ragazzo, sono venuto a sapere che c'è un'isola, di fronte alle coste del Cile, in cui gli abitanti - che non hanno luce elettrica, telefono - non conoscono la moneta. Fortunati loro che non conoscono le "potenti capacità" del dio soldo! Ma questo non c'entra. Io tratto un recipiente in terracotta, per il "tagine" (verdura lessata, patate, peperoni e carne di montone) o per il couscous. Chiedono molto, offro la metà. Dopo venti minuti lo pago cento franchi. Per loro è uno stipendio, per me sono trentamila lire. Un giusto prezzo per entrambi! Tirare sul prezzo va bene, ma fino ad un certo punto. L'Orso sbanca una "tienda" di catenine e cassettine in osso, e dei piccoli candelabri molto graziosi opera di artigiani berberi, come la Faina che acquista un coltello tuareg. L'Aquila, dopo due viaggi, strappa con gli artigli una maschera in pietra finemente lavorata e dei fossili. Torniamo verso l'hotel, non prima però di fermarci a mangiare in un pittoresco locale lungo la via principale di Ouarzazate. Siamo il Selvaggio, l'Orso, la Volpe (Luigi Stella) e Paolo Bertini, un simpatico ragazzo con parenti guarda caso a Massa (lui è fissato con i tappeti: praticamente ha visitato tre negozi specializzati, ha fatto mettere giù gli oltre cinquecento tappeti, e quando l'ultimo negoziante ha mostrato l'ultimo tappeto esistente in Ouarzazate ha chiesto: "Non avrebbe un altro tappetino, magari sul rosso, tendente al giallo, con striatura grigia rifinito in oro e argento?". È stato inseguito per oltre un chilometro e mezzo da sette marocchini con tappeti volanti a mo' di clava!). Passando davanti ad un supermercato abbiamo acquistato un po' di vino a novemila lire la boccia (in albergo costa ventunomila lire, non male come differenza). L'acquisto è stato dettato dalla serata di gala in programma. Tutti in ghingheri stasera si mangia e si beve, poi "danzèr"! La cena vede insieme ai tavoli gli stessi gruppi che si ritrovavano insieme sotto la tenda. Siamo in otto e scoliamo tredici bottiglie di vino (precedentemente, alla premiazione, grazie a Mandrillo, avevamo già bevuto quattro bottiglie di spumante in cinque). La serata si prevede molto hic hic hic tra vino, spumante e donne! Che notte, ragazzi! Da mille e una notte! Che belle le notti stellate nel deserto... belle però anche le notti alcoliche del deserto! Siamo "atleti" che diamine! Che il deserto sia con noi, anche domani mattina con il mal di testa!

Lunedì 12 aprile 1999

Mattinata dedicata agli ultimi acquisti, sotto il rombo assordante di due elicotteri dei marines (sempre quelli della "guerra" di ier) che continuano a sorvolare Ouarzazate. Nel pomeriggio partenza per l'aeroporto, disbrigo delle formalità burocratiche con spedizione dei bagagli e attesa infinita in una saletta di venti metri quadri. Perché? Perché l'aereo è in ritardo o... "forse arriverà domani". Panico, paura, questa aumenta quando servono un panino con una bibita dopo due ore, il che lascia prevedere una attesa ancora maggiore. Poi invece arriva l'aereo e partiamo. Siamo a Parigi con cinque ore di ritardo.

Martedì 13 aprile 1999

Siamo tornati alla "civiltà" ed al freddo cane. Infatti dai quaranta/quarantacinque gradi del deserto siamo ai cinque scarsi di Parigi (c'è gente che scende dall'aereo dell'Air Marocco in canottiera e pantaloncini corti, risale subito nell'aereo ma è rispedito immediatamente fuori). Il pernotto per quasi tutti è sui sedili metallici del terminal 2 dell'aeroporto De Gaulle. Lo "zoo" della tenda numero tre si divide con grandi debacles e saluti, commossi al massimo. Parte prima la Volpe: direzione camera single hotel Mercure di Parisi, in parcheggio in attesa del volo dell'indomani per la sabbia di casa sua. Partono poi il Lupo e il Coccodrillo alla volta di Firenze, poi l'Aquila al volo Milano/Pisa. Il quartetto Selvaggio, Orso, Faina e Mandrillo prendono la direzione Gare de Lyon: Parigi è molto semplice da visitare poiché ti puoi spostare velocemente. La città è servita in maniera eccellente dal metrò. La temperatura si abbassa ulteriormente, piove, ed a tratti esce il sole. La giornata è all'insegna del variabile che più variabile non si può. Siamo ormai lontani migliaia di chilometri dal caldo, dal sole, dalla tranquillità, dal silenzio. Non più cieli stellati, ma strade ed insegne luminose, non più baratto e contrattazioni con tazze di tè ma consumismo alla grande. Ritmi sempre più esasperati, suoni di clacson, sirene della polizia, semafori, crocevia... guardiamo spaesati questo caos desiderando dentro di noi il sano caos della nostra tenda numero tre, del nostro "zoo", dove il Lupo tentava di far ordine ma senza riuscirvi. Lasciamo Parigi, metropoli cosmopolita, e rientriamo in "provincia". Ad accoglierci alcuni guardiani dello zoo di Pistoia e di Livorno (erano scappati giorni orsono alcuni animali pericolosi). Ci hanno squadrato e fortunatamente non ci hanno riconosciuto: eravamo mimetizzati da "uomini civili".

Il dopo gara

L'avventura è finita nel migliore dei modi. Non abbiamo vinto nulla a livello di classifica generale ma abbiamo acquisito la consapevolezza del nostro valore morale, della nostra coerenza, del nostro portare rispetto a tutto quello che ci circonda, alla natura e agli uomini. Abbiamo convissuto in tranquillità sotto la stessa tenda, senza sopraffazioni e senza rivalità alcuna, nella massima libertà, dove la libertà di ciascuno non è stata limitata ma confermata dalla libertà degli altri. Senza capi o "capetti" abbiamo tutti in egual modo contribuito a creare un gruppo unito che ha saputo superare alcune piccole incomprensioni, aiutandosi vicendevolmente nel momento del bisogno. Questo ci rende estremamente felici perché è anche con questo tipo di esperienze che possiamo verificare i nostri reali valori umani e morali, e credo in tutta sincerità e senza peccare di presunzione, che in questo caso siamo stati veramente lodevoli. Grazie a tutti! Vorrei cogliere ora l'occasione per ringraziare tutti coloro che ci hanno aiutato ed in particolare la società Meco forniture office di Rovigo che con il suo contributo ha permesso la nostra partecipazione a questo evento sportivo di straordinaria importanza internazionale. Un grazie di vero cuore alla Polisportiva Castagnare di Massa ed al suo presidente Renato Nari. Infine un grazie a tutti quelli che hanno avuto la pazienza di sorbirsi tutte le esternazioni di uno di questi "pazzi" assetati di corse nel deserto! Per di più anche Selvaggio! Un ulteriore grazie, estremamente sincero, anche a coloro che mi hanno o ci hanno inviato messaggi di incitamento (a Vittorio Falchi, Vittorio Salamina, Luigi Fortunato Bicciato, Corrado di Carpi, Stefano, Antonio Mammoli, Mauro, Lorenzo Zuffa, Marco Cason, Ennio Carlini) con la speranza magari in incontrarci un giorno tutti insieme a correre, in questo o in altra parte del mondo, sempre animati dallo stesso sano spirito positivo e vincente che ci accomuna. Correre, per il piacere di correre, in libertà, con amici che condividono con te le stesse sensazioni, le medesime emozioni, immersi nella natura, è il regalo più grande che si possa ricevere; un regalo, un omaggio che ti commuove e che ti riempie il cuore di orgoglio e di speranza e che è senz'altro di buon auspicio per interpretare al meglio tutte le vicissitudini che la vita ci riserva. Che il deserto e la "buena suerte" siano sempre con tutti noi! Ciao amici, e grazie di nuovo dal Selvaggio e dagli amici dello "zoo".

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Piergiorgio Scaramelli - Atacama

Piergiorgio Scaramelli - Toscano esperto ultramaratoneta, vive a Boa Vista ed è l’ideatore della “Boa Vista Ultramarathon”, gara in linea di 150km che dal 2000 si svolge sull’isola capoverdiana

 

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2021 - Boa Vista Ultratrail in solitaria Bistari Onlus

 

 

L’Avventura è finita!

 

Volevo ringraziare tutti, indistintamente, per avermi seguito e supportato, con calore e

affetto, lungo tutti 150 km del meraviglioso e suggestivo percorso della @Boa Vista Ultra Trail.

Nel contempo volevo scusarmi per essermi fatto vivo solo dopo 4 giorni dal termine dell’avventura, ma come potete ben immaginare, vista la mia giovane età, i tempi di recupero fisico sono stati un poco lunghi. Sono arrivato piegato in due e per raddrizzarmi mi ci sono voluti 3 giorni di cure e massaggi, e comunque ancora oggi ho un assetto strano tipo “ Torre di Pisa”.

E’ stata emozionante questa 150 km, ed alla partenza, e per molti km, addirittura esaltante, tant’è che mi sono messo a correre più che camminare, come un ragazzino! Forse un po’ troppo veloce. Ma le sensazioni erano buone, le condizioni meteo ideali, di giorno e di notte (una luna quasi piena, brillante e sorridente), ed il terreno mi era familiare.

Momenti difficili si sono alternati ad altri più facili, frazioni dolorose ad altre meno, in questo divenire che è “la legge” delle ultra, l’importante è gestire i momenti e mantenere la testa sempre concentrata nell’obiettivo finale.

 

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Volantino Boavista Ultratrail

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